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Visualizzazione dei post da marzo, 2023

Senza desideri

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Quell'anno il freddo arrivò subito, le strade a novembre erano già lastricate di ghiaccio. La legge sui desideri entró in vigore il gennaio seguente, e ricordo che i giornali la rilanciarono entusiasti. Era una misura che, ovviamente, non mi riguardava, ma avevo al tempo un vicino - un brav’uomo - che sapevo non avere alcun desiderio. Me lo confessó una sera d’estate sul terrazzo di casa sua, casa che era poco più di una soffitta, posta proprio sopra la nostra camera da letto e grande poco di più. Ero in ansia per lui: certo, non avere nemmeno mezzo desiderio è una vergogna, prima ancora che un crimine, eppure non riuscivo a volergli male - era sempre stato così gentile con noi. A fine gennaio lo incontrai sul pianerottolo e gli dissi che da me non avrebbe avuto problemi, che avrei tenuto la bocca chiusa. Mi ringrazió con un cenno del capo e continuó a salire le scale. E di fatto la tenni chiusa, ma non bastó: verso la fine di marzo, mentre tornavo a casa coi sacchi della spesa, vi

Taci.

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Tacere, cioè imporsi il silenzio. È possibile imporlo agli altri? Solo rinunciando a tacere.   E allora tacere, per dare l’esempio. Qualcosa da dire c’è, ma rinuncio pur di non sentirti più parlare.  Forse, stando zitto mentre tutti parlano, qualcuno mi noterà e deciderà, la prossima volta, di non parlare.  Sarà questo il mio successo?  In ogni caso, tu ancora parli, e io taccio - e nemmeno posso spiegarti perché.  Cosa voglio? Sentire solo parole che amo o non sentirne più?  E se un giorno mi tornasse la voglia di dire, potrò ancora farlo? Non vinco, non perdo, non partecipo: taccio. Vedo un sentiero che sale su verso i monti, lo prendo e lo percorro fino alla roccia. Da lassù vedo tutta la città e non vi sento più.  Ma sta venendo buio, e freddo.  Da lontano arriva una voce: la cerco, la seguo.  Qualcuno mi apre una porta, entro, mi siedo davanti al fuoco. Mi chiedono quale sia la mia storia.  Comincio a raccontare. 

Dove nascere

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Venire al mondo: non è chiaro dove fossimo, ma eccoci.  Attorno a noi, giganti che ci dicono cosa fare, che ci spiegano il cielo, le parole da non dire, gli altri.  Dove siamo? Una casa, una città, un paese - e quando poi finalmente potremmo scegliere un’altra casa, un’altra città, un altro paese, scopriamo di aver messo radici invisibili e indistruttibili che ci tengono ben stretti quei luoghi.  Molti, nel corso di un’intera vita, si muovono poco più di un albero.  Qualcuno invece riesce a mettersi in strada, e va da qualche altra parte a darsi un nuovo inizio.  Lo fa perché non poteva fare altrimenti o proprio perché era molto più semplice fare altrimenti.  Questo pianeta lo abbiamo riempito così, per necessità e per volontá.  Rispetto per chi parte, per chi resta, per chi torna e per chi non torna più: ognuno sta lottando a modo suo con la paura di essere nel posto sbagliato - e con l’ansia che non ne esista uno giusto.

Dubbi

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Dubbi è nata tutta di fila: il primo verso e poi il secondo e così via, senza riscritture, senza spostamenti.  Tecnicamente è un testo ma è anche un gesto: è scegliere quelle parole e scriverle in ordine progressivo. Succede raramente e quando succede cerchi di analizzare i fattori ambientali che potrebbero averlo favorito, così da poterlo replicare all’occorrenza.  E poi passi una vita a cercare di ripetere la magia, fallendo spesso.   Nel gennaio 2022 affittai per 4 notti una casetta in mezzo a un bosco, arrampicata lungo i pendii dell’entroterra ligure, dietro Recco, raggiungibile solo a piedi attraverso un sentiero molto ripido. Ci andai da solo, carico di strumenti e fiducioso che la location scelta per il ritiro creativo facesse il suo dovere magico.  L’insediamento fu parecchio sconfortante, vuoi per il rischio di far rotolare giù la scheda audio per il bosco vuoi per il freddo che regnava fiero in casa al mio arrivo.  I primi tre giorni non accadde nulla: tutti i miei riti fa