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Ordine alfabetico: alleanze

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Secondo capitolo di un esperimento poetico governato da una sola severissima legge, quella dell'ordine alfabetico - che senza un senso apparente mette, una di fianco all'altra, parole che altrimenti farebbero giri lunghissimi per incontrarsi. Ecco dunque dieci nuovi componimenti che rispettano questa regola sia tra loro sia internamente, ripartendo da al- e fermandosi a pochi passi dalla b , che sarà protagonista del prossimo episodio. ALLEANZE I Allego allegoria II Alleviamo  allievi  allineati III Alpinisti  altalenanti àlterano altipiani IV Altrove,  alveari amari ambasciatori ambigui ambulanze ammaccate V Ammiragli  ammirano ammucchiate,  ammutolendo  amorali. VI Amplifichiamo analfabeti. VII Androidi anelano angosce: anime.  VIII Annullata apocalisse,  ariani asintomatici aspettano asteroide. IX Attimi audaci,  aurore autentiche. X Autorità avvelenano avvenire.

Rovinare

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Rovinare: agire in modo che qualcosa - una città, un paesaggio, un vestito, un amore, una vita - non possa più tornare al suo primo splendore. Dipende da noi? Sì. Dipende esclusivamente da noi? No. Ho rovinato vestiti e amori per i quali avevo la massima cura, giacche speciali che dalla prima sera avevo giurato avrei difeso da ogni macchia e ogni strappo, persone speciali che dal primo sguardo avevo promesso non avrei fatto soffrire mai. Ma era oltre le mie forze: un succo di mirtilli, una parola sbagliata - e ciò che era non sarebbe stato mai più. E l’impressione è quella di avere in ciò sempre una minima responsabilità, una qualche complicità col destino nella nostra rovina. Ma a volta è falso: non c’entravamo davvero nulla - il che è se possibile ancora più doloroso. Ed è anche il momento in cui un’idea geniale e terribile entra in scena: rovinare le cose prima che qualcos’altro o qualcun altro le rovini. Nella certezza che prima o poi la rovina giunga, prendersene le responsabilità

Cit.

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Basta che cominciate a dire di qualcosa "Ah che bello, bisognerebbe proprio fotografarlo!" e già siete sul terreno di chi pensa che tutto ciò che non è fotografato è perduto, che è come se non fosse esistito, e che quindi per vivere veramente bisogna fotografare quanto più si può, e per fotografare quanto più si può bisogna: o vivere in modo quanto più fotografatile possibile, oppure considerare fotografabile ogni momento della propria vita. La prima via porta alla stupidità, la seconda alla pazzia. Italo Calvino, Gli Amori Difficili, 1970

Ordine alfabetico: Abbagli

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Poche cose mi affascinano quanto il caso - un preciso e involontario ordine di eventi che può generare incroci assurdi, paradossi, legami apparenti. Diciamo spesso che la Natura è crudele, come se potesse effettivamente osservare il suo operato e goderne: e invece appunto possiamo goderne solo noi, del tragico come del comico, altra categoria che il puro Creato non può contemplare.  Le lingue, che abbiamo invece creato noi nei secoli, sembrerebbero invece rispondere a leggi diverse, a una qualche volontà, a uno spirito consapevole che le attraversa e le forgia. Eppure anche le parole, accoppiate o sezionate, possono risultare crudeli o comiche. L'ordine alfabetico - che è anche il nome di questo piccolo progetto di scrittura - è appunto un ordine tutto sommato casuale e l'ho scelto come limite severo per scrivere piccoli componimenti, che insieme andranno a creare un unico grande corpus per così dire poetico - e fedele appunto dall'inizio alla fine all'ordine alfabetico

Senza desideri

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Quell'anno il freddo arrivò subito, le strade a novembre erano già lastricate di ghiaccio. La legge sui desideri entró in vigore il gennaio seguente, e ricordo che i giornali la rilanciarono entusiasti. Era una misura che, ovviamente, non mi riguardava, ma avevo al tempo un vicino - un brav’uomo - che sapevo non avere alcun desiderio. Me lo confessó una sera d’estate sul terrazzo di casa sua, casa che era poco più di una soffitta, posta proprio sopra la nostra camera da letto e grande poco di più. Ero in ansia per lui: certo, non avere nemmeno mezzo desiderio è una vergogna, prima ancora che un crimine, eppure non riuscivo a volergli male - era sempre stato così gentile con noi. A fine gennaio lo incontrai sul pianerottolo e gli dissi che da me non avrebbe avuto problemi, che avrei tenuto la bocca chiusa. Mi ringrazió con un cenno del capo e continuó a salire le scale. E di fatto la tenni chiusa, ma non bastó: verso la fine di marzo, mentre tornavo a casa coi sacchi della spesa, vi

Taci.

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Tacere, cioè imporsi il silenzio. È possibile imporlo agli altri? Solo rinunciando a tacere.   E allora tacere, per dare l’esempio. Qualcosa da dire c’è, ma rinuncio pur di non sentirti più parlare.  Forse, stando zitto mentre tutti parlano, qualcuno mi noterà e deciderà, la prossima volta, di non parlare.  Sarà questo il mio successo?  In ogni caso, tu ancora parli, e io taccio - e nemmeno posso spiegarti perché.  Cosa voglio? Sentire solo parole che amo o non sentirne più?  E se un giorno mi tornasse la voglia di dire, potrò ancora farlo? Non vinco, non perdo, non partecipo: taccio. Vedo un sentiero che sale su verso i monti, lo prendo e lo percorro fino alla roccia. Da lassù vedo tutta la città e non vi sento più.  Ma sta venendo buio, e freddo.  Da lontano arriva una voce: la cerco, la seguo.  Qualcuno mi apre una porta, entro, mi siedo davanti al fuoco. Mi chiedono quale sia la mia storia.  Comincio a raccontare. 

Dove nascere

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Venire al mondo: non è chiaro dove fossimo, ma eccoci.  Attorno a noi, giganti che ci dicono cosa fare, che ci spiegano il cielo, le parole da non dire, gli altri.  Dove siamo? Una casa, una città, un paese - e quando poi finalmente potremmo scegliere un’altra casa, un’altra città, un altro paese, scopriamo di aver messo radici invisibili e indistruttibili che ci tengono ben stretti quei luoghi.  Molti, nel corso di un’intera vita, si muovono poco più di un albero.  Qualcuno invece riesce a mettersi in strada, e va da qualche altra parte a darsi un nuovo inizio.  Lo fa perché non poteva fare altrimenti o proprio perché era molto più semplice fare altrimenti.  Questo pianeta lo abbiamo riempito così, per necessità e per volontá.  Rispetto per chi parte, per chi resta, per chi torna e per chi non torna più: ognuno sta lottando a modo suo con la paura di essere nel posto sbagliato - e con l’ansia che non ne esista uno giusto.